L’America
moderna, simbolo di felcità e prosperità che, però, naviga troppo all’interno
dei propri stereotipi.
Fat, happy
and free. Grassi, felici e liberi. Questa frase è quella che, per lo meno
secondo i diretti interessati, è un cavallo di battaglia della società
americana. Ho avuto modo di conoscere a fondo ciò che è davvero l’america di
oggi dall’interno, e quello che ho scoperto è che dei tre aggetivi l’unico
sicuramente vero è grassi. L’america di oggi è una grande opera teatrale, che
magari tra qualche anno vedremo derisa sugli schermi di molti cinema. Si,
perchè a pensarci bene di vero negli States al giorno d’oggi c’è gran poco. Se
si va infatti ad analizzare passo passo quanto detto capiamo che nulla è più
come un tempo, nemmeno in quella che gli americani sono educati a chiamare the gratest country in the world, la
migliore nazione del mondo.
Analizzando la presunta “felicità” e guardando alcuni dati
possiamo subito capire che gli americani non sono poi così felici come vogliono
far credere. Ogni anno in America circa due milioni di ragazzi compresi tra i
14 e i 19 anni tentano il suicidio, di cui circa la metà raggiunge il proprio
obiettivo. Questo significa che il 4.6% degli americani in quella fascia d’età
arriva il punto di voler mettere il tanto disneyano (e americano) the end della propria vita in anticipo.
Tutto ciò deriva dalla poca attenzione riservata ai ragazzi: nelle famiglie
americane la priorità di questi tempi è apparire felici, non necessariamente
esserlo. I ragazzi di conseguenza si sentono in prima battuta privati di una
possibile comprensione che, anche se richiesta, gli viene negata. Questo
problema non è altro che portavoce di un guaio ben più vasto: gli americani non
affrontano i problemi, li ripongono nel cassetto con la speranza che un giorno
spariscano o che magari qualcuno se li mangi.
Sono
davvero felici gli americani? Possiamo veramente definire felici persone che
sorridono per coprire le loro lacrime, che si preoccupano di più di apparire invece che di essere?
Libertà. Una parola che molte volte viene direttamente
associata agli yankees, ma che
purtroppo ha perso il suo vero valore. Per trovare l’ultimo esempio di libertà
in america bisogna tornare indietro col tempo all’anno 1965, quando il
movimento per la libertà di espressione prese piede a Berkley, sede
dell’Università della California. In quel caso numerosi studenti guadagnarono
la libertà d’espressione, essenzialmente editoriale, che però al giorno d’oggi
in america non esiste più. Negli States, infatti,
ogni fonte d’informazione è esplicitamente e puramente parziale in un versante
o nell’altro della politica. Dagli anni ‘80 ogni ente informativo ha preso la
sua posizione, che tutt’oggi, per il 98.7% dei casi, è invariata. La politica,
infatti, è il fulcro della tipica vita americana; tutto questo parte dai
bambini, che fino da quando sono piccoli sentono, a scuola o a casa, sentirsi
dire tutto ciò che dovranno essere e sostenere nella loro vita, senza
possibilità di obiezioni o idee. Se si prende un bambino di sei o sette anni e
gli si chiede se sia conservativo o liberale si riceverà sempre una risposta
sicura e concisa, seguita da argomentazioni reggenti la sua tesi imparate a
memoria dai genitori o a scuola. Lo stesso accade con la religione: ad un
ragazzo è vietato, perfino dalla legge americana (405
U.S. 645, 651, 92 S.Ct. 1208, 31 L.Ed.2d 551 (1972)), di farsi una
propria idea sulla propria fede.
Tutto ciò
non è altro che una depravazione, da parte del sistema americano, di capire il
mondo tramite le proprie idee e convinzioni.
Siamo davvero così sicuri che il nostro modello debba essere
l’America? Siamo davvero così sicuri che noi italiani non abbiamo i mezzi di
poterci salvare, di poter difendere la nostra libertà? Forse è ora di aprire
gli occhi e capire che non sempre chi ci vuole far vedere ricchezza e
prosperità sia davvero libero o felice.
Fat, happy
and free! Ops, pardon, per adesso solo fat.
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Giuseppe Vinchesi
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